di Rosanna Milone
Perché la tutela -illusoria- della nostra privacy online è pericolosa per i bambini e Telegram ne è l’esempio
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L’arresto del fondatore e CEO di Telegram è avvenuto perché è stato l’ufficio francese contro le violenze sui minori a non accettare più l’impunità della piattaforma: soffermiamoci un attimo su questo “dettaglio”.
Non un’agenzia antidroga, non quella antiterrorismo o anticrimine organizzato, no: quella che vuole proteggere i minorenni dalla violenza, psicologica o fisica che sia.
Ed è incredibile che ci si sia messo tutto questo tempo a reagire. Sono esattamente 11 anni che lasciamo che esista un luogo reale, per nulla virtuale, in cui si possano istigare, condividere, mostrare, far crescere crimini efferati e inumani di ogni genere.
UNDICI ANNI sono davvero tanti, troppi, indecentemente troppi.
Per cosa, per privacy? Ridicolo. Svegliamoci: la privacy online non esiste. Non esiste perchè finchè sei a casa di altre persone, finchè sei ospite, dai il diritto al padrone di casa di definire regole su come usi il suo spazio e cosa ci fai. Anche se paghi qualcosa, figurati se non paghi.
E i motori di ricerca, i social network, i servizi di messaggistica istantanea, le piattaforme, sono casa di altre persone che ci fanno usare il loro spazio -per lo più- gratuitamente.
Quindi, sostenere che Telegram sia meglio dei social, ad esempio, di Meta perché garantisce la privacy, è una considerazione -quantomeno- ingenua, anche perché Telegram stesso dichiara di raccogliere metadati.
Ma, soprattutto, è una considerazione pericolosa, pericolosissima per la protezione dei nostri bimbi e ragazzi dalla violenza: la privacy online è indirettamente proporzionale alla tutela dei diritti degli esseri umani, diabolicamente dannosa quando si tratta di bambini.
Anche Whatsapp è criptato, non voglio prendere le parti di nessuno, sia chiaro. Ma la strategia di Telegram è dichiaratamente quella di garantire “sicurezza e velocità” ai suoi ospiti. Ovvero privacy e facilità di movimento. Non richiede corrispondenza utente/numero di telefono, non prevede limitazione ai contenuti condivisi, consente di avviare chat segrete e creare gruppi fino a 200.000 utenti che possono essere aggiunti anche solamente tramite nickname.
In Telegram io ho visto con i miei occhi giovani donne abusate da loro coetanei e filmate, guardare dentro la telecamera, con terrore, con disperazione, con impotenza. E, attenzione!, non erano abusate E filmate, erano abusate PERCHE’ filmate: molti giovani sono pagati da adulti malati per realizzare questi video che vengono poi distribuiti negli spazi protetti di Telegram.
Traffico di esseri umani, violenza su animali, abuso di bambini, ricatti a sfondo sessuale… non solo tutto questo può girare e fomentarsi su Telegram. E credo sia già inaccettabile.
Ma, parlando di protezione dei minori, non possiamo ignorare il fatto che i nostri bambini possano vedere contenuti violenti ed esserne traumatizzati, possano essere coinvolti, possano essere assuefatti, possano diventarne soggetti attivi, possano essere testimoni inattivi con il relativo senso di colpa, possano essere adescati da pedofili e malintenzionati.
E noi adulti ci dovremmo chiedere in piena coscienza se accettiamo che i minori che dovremmo tutelare possano correre anche solo uno di questi rischi.
“Ma mio figlio non ha Telegram”, dici. Non importa: amici, fratelli, possono scaricare e condividere contenuti, i modi li trovano.
“Ma io lo uso solo perchè è comodo, non lo uso per atti criminali.” Ah, dimmi se andresti mai tranquillamente a passeggiare e fare spesa in un centro commerciale sapendo che nel seminterrato compiono atti abominevoli impuniti. Non credo.
“Ma gli altri social usano i miei dati, mi spiano.” Sono scelte: se vuoi il social o la chat o l’e-mail o una ricerca online, stai scegliendo di fare uno scambio, è un dare e ricevere, a mio parere. In natura ed in società tutto ha un contrappeso: smettiamola di fare i capricci e ignorare la realtà. Perché ci vanno di mezzo i bambini, quelli veri.
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