di Ivano Zoppi
Segretario generale
Fondazione Carolina
Da qualche settimana, prima la Rete e poi i media tradizionali, sono stati travolti da uno tsunami, potenzialmente in grado di rivoluzionare la capacità elaborativa di ciascuno di noi. Si tratta di Chat Gpt, un servizio online disponibile sulla piattaforma Openai, ovvero il consorzio che ha investito oltre un miliardo di dollari in questo progetto: un software che permette di scrivere quello che vogliamo. A nostro servizio un’intelligenza artificiale che utilizza 175 miliardi di parametri per confezionare un pensiero artefatto, ma credibile, che risponda alle proprie esigenze.
LE CARATTERISTICHE DI CHAT GPT
Purtroppo, o per fortuna (dipende dai punti di vista) questo strumento ha ancora dei limiti. Non sa nulla, non lo verifica, ma più semplicemente organizza un testo sulla base delle informazioni richieste secondo un ordine probabilistico, quindi non deterministico, che simula una coerenza concettuale e formale nello sviluppo dei contenuti. La fonte? Più o meno tutto lo scibile su internet, più che altro Wikipedia, Google books e tutti i manuali presenti in rete. Nessuna verifica, nessuna certificazione di autenticità, nessuna validità scientifica. Il tutto con una costruzione spesso ripetitiva e certamente poco originale, dato che “ragiona” secondo i campi semantici più utilizzati.
CHAT GPT: POSSIBILE UTILIZZO PROFESSIONALE
In campo professionale può rappresentare un valido supporto organizzativo e gestionale, dall’elaborazione di file Excel, all’impostazione di una mail, fino alla scrittura di codici per la programmazione html. Ad oggi, però, nessun “mestiere” intellettuale è più a rischio di quanto non lo sia già per via dello strapotere dei motori di ricerca e dei social network. Di sicuro si tratta di una tecnologia senza precedenti, che mette in discussione alcuni capisaldi come il diritto d’autore (garantito nella forma testuale, ma non nella sostanza della tutela di idee e opinioni) e soprattutto della scolarizzazione.
QUALE IMPATTO SUL MONDO DELLA SCUOLA?
Negli ultimi giorni molte voci e giudizi si sono spesi sull’argomento. Quale sarà l’impatto di Chat Gpt nella sfera dell’apprendimento? Non tanto in seno alla nozionistica, quanto in relazione allo sviluppo della comprensione, del processo creativo ed analitico, nonché nell’assimilazione di quanto lo studente avrà elaborato, o meglio impostato, per i propri compiti a casa o durante le vacanze. A livello mondiale molte scuole sono già corse ai ripari, a partire da New York, dove l’utilizzo del generatore è stato bandito. Una soluzione drastica, a favore dello status quo, ma ancorché non risolve un problema, o meglio una sfida che, presto o tardi, obbligherà tutto il sistema istruzione, per come oggi lo conosciamo, a modificare un modello tuttora ancorato al secolo scorso.
LA POSIZIONE DEL MINISTRO DELL’ISTRUZIONE
La tecnologia, del resto, non si può fermare, ma va gestita da una governance in linea con i nuovi linguaggi e con le esigenze della società digitale. Al dibattito non si è sottratto il Ministro dell’Istruzione del nuovo Governo, Giuseppe Valditara. In molti si sarebbero aspettati una posizione netta a difesa del “merito”, in linea con la nuova nomenclatura del Dicastero di viale Trastevere. Una previsione quasi scontata, data anche l’ultima circolare ministeriale in cui si ribadiva l’opportunità di vietare l’utilizzo degli smartphone in aula. Invece i pronostici sono stati smentiti da un atteggiamento tutt’altro che ostativo rispetto ad una tecnologia da non demonizzare.
Il commento del Ministro si sofferma sulle nuove opportunità che l’intelligenza artificiale potrebbe riservare per la didattica, “migliorando i percorsi formativi” e “aumentando l’interattività dell’esperienza scolastica”. In compenso Valditara rivendica la centralità dell’insegnante e antepone l’interazione umana a qualsiasi succedaneo tecnologico.
Meglio sarebbe se le variabili che incombono sulla scuola degli ultimi anni si affrontassero con maggiore programmazione, al di là dei limiti delle contingenze; dalla Dad all’impiego dei device, fino a quell’educazione alla cittadinanza digitale che la comunità educante ha delegato alle App e ai social network, determinando una condizione di svantaggio culturale che costringe gli insegnanti ad inseguire linguaggi e strumenti sconosciuti e sempre nuovi.
I DOCENTI POSSONO GIOCARE CON I BUG
Fintanto che la scuola, intesa come sistema nella sua straordinaria complessità, non saprà avviare una riforma profonda, dovremo abituarci a questi salti nel buio, dettati da una corsa tecnologica ancora lontana dal rallentare. Intanto, per restare al passo, i docenti possono giocare su alcuni bug, non senza esercitare quel tanto di furbizia, ancora del tutto aliena a qualsiasi macchinario. Nel caso specifico, il sito Chat Gpt, con tutto il suo sterminato bagaglio di nozioni, è fermo al 2021. Fintanto che non arriverà un nuovo investimento bilionario, alla categoria degli insegnanti basterà ricorrere ai temi di stretta attualità per scongiurare qualsiasi utilizzo dell’algoritmo più amato dagli studenti. Provare per credere: basterà chiedere di scrivere un elaborato sull’impatto della scomparsa della Regina Elisabetta sulla società britannica e il sistema non saprà fornire una risposta. Uno a zero, palla al centro.