BULLISMO E CYBERBULLISMO, DUE FENOMENI PIÙ DIVERSI DI QUANTO SI PENSI

1 Ott, 2021News

NOVITÀ

di Ivano Zoppi
Segretario Generale Fondazione Carolina

“Il bullismo, tutto qui?…” 

Con questa domanda, Carolina Picchio, inizia la lettera che scrisse prima di gettarsi nel vuoto. In quello stesso vuoto in cui ha lasciato tutte le persone che la conoscevano e le volevano bene. A distanza di quasi 9 anni da quella, al termine bullismo abbiamo aggiunto una radice; un elemento che richiama alla tecnologica e al digitale, a volte dal sapore fantascientifico: CYBER

Così, come esistono il crimine e il cyber-crimine; laddove c’è uno spazio c’è un cyber-spazio, a fianco del bullismo si può parlare di cyberbullismo. Quali sono le differenze? Chi sono le vittime e quali sono gli effetti dei comportamenti vessatori online? Partiamo da qui: il cyberbullismo non è semplicemente il bullismo trasportato sul piano digitale, ma risponde a logiche, dinamiche e, soprattutto, a linguaggi differenti.
La legge 71 del 2017, ispirata alla storia di Carolina, per prima ha tentato di definire un fenomeno spesso taciuto o negato, in grado invece di colpire centinaia di migliaia di minori.

LEGGE 71: “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Un primo passo, certamente utile per comprendere la vastità dell’argomento, tuttavia privo di quel piccolo, ma sostanziale elemento distintivo che, appunto, separa il bullismo digitale da quello tradizionale.

Se il bullismo poggia sul concetto di reiterazione, trascinando la vittima all’esasperazione continua nel tempo e nello spazio, al cyberbullo basta colpire anche soltanto una volta, purché l’insulto, la minaccia, la calunnia siano condivise, ricevano like e commenti. La reiterazione di un messaggio, di una foto, di un post o di un singolo Tweet è garantita dallo stesso strumento tecnologico. Il linguaggio del web, quindi, bombarda la vittima con maggiore intensità, velocità e continuità rispetto a quella che si limita al contesto condiviso con il bullo.
Ecco perché le vittime di cyberbullismo sono maggiori. Anche se il bullo si ritenesse “soddisfatto” della propria condotta, o si pentisse del proprio comportamento, sarebbe troppo tardi per tornare indietro.
Su internet è per sempre!
Quello che postiamo, condividiamo, le immagini, i commenti… tutto rimane a futura memoria, perché la Rete non dimentica.
Da qui la necessità di tornare al valore della parola e ai significato dei sentimenti; i nostri e quelli degli altri.
Invece, i ragazzi come gli adulti, postano con noncuranza, senza rendersi conto di cosa produciamo o alimentiamo attraverso i nostri profili.

La continua rincorsa al follower, ai like e alla popolarità abbassa le difese delle nuove generazioni, che spesso non hanno la percezione della loro condotta online, postando contenuti che mai avrebbero replicato nella vita di tutti i giorni. Azioni che, a volte, corrispondono a reati, ai quali dovranno rispondere assieme ai genitori.
L’illusione dell’anonimato, magari nella sicurezza della propria cameretta, spingono ragazze e ragazzi a insulare, denigrare, molestare i propri pari. A condividere contenuti violenti, razzisti o xenofobi, magari aderendo a gruppi Telegram.
Basta un click, che sarà mai!
Eppure, promuovere nazismo e xenofobia in una chat rappresenta un crimine, esattamente come in qualsiasi luogo fisico. Il movente può essere molteplice, dal conflitto alla solitudine, dalla noia alla vendetta. Un cyber-bullo può difatti essere a sua volta vittima di bullismo, piuttosto che di attacchi online da parte di altri coetanei. Lo schermo però questo non lo dice, non ci sono notifiche che possano farci da coscienza. Non c’è un grillo parlante che spunta dal tablet intimando a non diffondere in Rete la propria intimità, ma a proteggerla e custodirla. Non a caso le dinamiche del cyberbullismo, che non conosce pausa o fine, rappresentano spesso l’anticamera del sexting e del ricatto sessuale e della dipendenza da web.

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