Un trentottenne giapponese sposa l’ologramma della sua cantante preferita e, dopo 4 anni di “felicità”, racconta il matrimonio più nerd della storia, a partire dagli invitati. Nessuna persona fisica, mentre a celebrare l’unione tra l’umano Kondo e l’avatar della dolce Miku avevano partecipato migliaia di follower. Una festa virtuale, come pure la validità del sodalizio, comunque “certificato” dall’attestato rilasciato da Gatebox, il dispositivo che permette all’ologramma consorte di manifestarsi al suo amato.
Una storia folle, ma che molto può dirci rispetto al futuro, non solo in termini tecnologici. A guardare le immagini di questo grottesco album di nozze qualcuno potrebbe cedere alla tenerezza, ma stando alle dichiarazioni dello stesso protagonista, dietro a questa patina surreale emerge tutta la fragilità di una persona sensibile, giunta alle soglie del 40 anni con problemi sul lavoro e difficoltà relazionali. Una crisi socio culturale che, tanto più dal Covid-19, spinge molti adolescenti ad abbracciare lo stile Hikikomori, mentre sempre più giovani adulti perdono entusiasmo e fiducia, trovando conforto nella realtà virtuale, dove riescono a declinare tutti i loro sentimenti inespressi. Al di là delle debolezze e delle illusioni dell’animo umano, la genesi di queste “patologie tecnologiche” non può che trovare una rispondenza anche nello strumento digitale. Quando Kondo rivolge la proposta al gioco di luci che riproduce le sembianze di una cantante cosplayer nipponica, l’intelligenza artificiale accetta. Nessuna remora sul fronte etico, né morale; soltanto la dolce piccola raccomandazione di essere “trattata bene”.
Vero che il cliente ha sempre ragione, ma è altrettanto certo che se in trattoria ci ritroviamo nel piatto una zuppa di puntine e vernice fresca, forse la colpa è da dividere con chi ha cucinato e con chi ha preso l’ordinazione. Uscendo dalla metafora, le responsabilità sono da dividere con un sistema che ha consentito la deumanizzazione della relazione, del rapporto, della vita. L’interazione con un avatar può davvero sublimare la ricchezza di un incontro?
Nel Paese del Sol levante, si sa, le cose arrivano prima. Non solo alba e tramonto, ma anche mode e costumi. Siamo sicuri di essere pronti a tutto questo? Che impatto potrebbe avere sulla nostra cultura, sulle nuove generazioni? Di questa storia, dal sapore di popcorn, ci basta solo il trailer per decidere di non acquistare il biglietto.
di Ivano Zoppi
Segretario Generale
Fondazione Carolina